Milton Glaser (26/06/1929 – 26/06/2020) è un noto graphic designer intellettuale statunitense. È famoso per aver combinato la ricchezza di linguaggio visivo con la sua profondità di pensiero concettuale e per aver fondato nel 1954 il rivoluzionario Push Pin Studio insieme con Seymour Chwast, Reynolds Ruffins e Edward Sorel.
Si laurea nel 1959 alla Cooper Union e studia con Giorgio Morandi all’Accademia Delle Belle Arti in Italia, a Bologna, dove il suo stile viene fortemente contaminato. Nel 1968 torna negli Stati Uniti e fonda il New York Magazine con Clay Felker, dove fu direttore di design. Nel 1974 istituisce il proprio studio, il Milton Glaser Inc. e, nel 1983, fonda insieme con Walter Bernard il WEMG, uno studio grafico specializzato nell’editoria.
Il noto designer passa tutta la vita dedicandosi all’arte, che definisce «…creare delle cose. È l’atto fisico del trasformare della materia in qualcos’altro. Per molte persone, è la grande gioia della loro vita, quest’idea che puoi sederti e tirare fuori qualcosa dal nulla».
Le opere più famose
Ciò che si attribuisce immediatamente al nome dell’artista è il logo “I Love New York“, composto da tre lettere maiuscole e un cuore, diventato iconico per la sua apparente semplicità che cela un messaggio d’amore molto potente per la sua città.
Quella «piccola, semplice idea», così da lui definita, nasce nel 1977, periodo di grande difficoltà economica per la metropoli, e rappresenta evidentemente un sostegno dettato dal cuore. Lo slogan a tutt’oggi costituisce il simbolo di New York ed è presto diventato universale, così come un vero e proprio marchio applicato su gadget, poster e vestiario in tutto il mondo.
«È diventato, con il tempo, un’espressione di come le persone percepivano New York nella fine degli anni 70. Tutti volevamo far sapere al mondo che amavamo questa città. Era emozione, era vero.»
Durante la sua lunga carriera, l’illustratore produce molti logotipi e poster di grande impatto per diverse campagne pubblicitarie. È degno di nota il suo contributo per la Olivetti nel 1968, per cui ha preso ispirazione da un dipinto di Piero di Cosimo del XV secolo che mostra un cane in lutto. In questo modo, inserendo in un quadro famoso la macchina da scrivere rossa portatile che intendevano pubblicizzare, la cosiddetta Valentine è stata immediatamente messa in risalto, tanto che oggi non è possibile parlarne senza visualizzare l’immagine mentale del celebre manifesto.
Milton Glaser è stato un innovatore, il fautore di un nuovo linguaggio visivo che lega tipografia e pittura.
Manifesto di tale volontà è il celebre poster di Bob Dylan: l’opera non nasce con l’intenzione di riprodurre un perfetto ritratto, bensì di creare una rappresentazione fantasiosa, tuttavia riconoscibile, del profilo del cantautore, stuzzicando così le emozioni positive dello spettatore.
Infatti, l’artista in prima persona si è ispirato ad un autoritratto di Marcel Duchamp proprio perché «Il suo potere figurativo era eccezionale. Non aveva dettagli, semplicemente il profilo di Duchamp, come ritagliato da un pezzo di carta. Ho sempre voluto sapere come facesse qualcosa di così elementare, di così semplice, ad impressionarmi così tanto. In un certo modo, quella domanda si è estesa a tutta la mia vita. Perché le persone preferiscono una cosa piuttosto che un’altra, o hanno emozioni così forti rispetto ad un’altra immagine o canzone?»
In altre parole, l’obiettivo è sempre stato quello di trasformare emozioni in opere d’arte d’impatto. È proprio per la sua capacità di innovazione espressiva che Glaser è considerato tra i maggiori grafici della società contemporanea e tra i più influenti personaggi che hanno segnato la storia del design e dell’illustrazione.
Il pensiero dell’artista
Sono molte le dichiarazioni espresse in prima persona dall’illustratore newyorkese che chiariscono i suoi pensieri ed il suo modo di essere.
In primis, il suo mantra è sempre stato “Art is Work“: una vera e propria vocazione che lo ha spinto a vivere per l’arte e ad interrogarsi su di essa.
«Tutta la mia vita è stata rivolta a questa cosa chiamata Arte, che in fondo è creare delle cose. È l’atto fisico del trasformare della materia in qualcos’altro. Per molte persone, è la grande gioia della loro vita, quest’idea che puoi sederti e tirare fuori qualcosa dal nulla».
«L’anno scorso, al Guggenheim ho parlato della distinzione fra Arte e Design, un ragionamento sempre utile. Ti confronti sempre con un pubblico quando lavori, e lo devi motivare a fare un’azione o prendere una decisione che, solitamente, è comprare. L’Arte, invece, è un meccanismo per trasformare le menti, cosicché le persone possano trovare qualcosa in comune. L’Arte, quindi, è un meccanismo di sopravvivenza. È stata creata per aiutarci ad imparare come condividere delle esperienze, magari per sopire la volontà di ammazzarci a vicenda».
Inoltre, la personalità di Glaser è penetrata nella cultura popolare anche per l’affermazione “Just Enough Is More“: “Less is More” sarebbe errato, in quanto per assicurarsi la buona riuscita di un’opera di design serve ciò che è necessario, ovvero niente di meno e niente di più.
Per ultimo ma non per importanza, la sua contemporaneità è stata di rilievo fino alla fine, persino per la risposta al Covid-19 su cui stava lavorando.
Il New York Times ha rivelato, dopo la sua morte, il progetto in via di sviluppo del graphic designer: una rivisitazione grafica della parola “Together“, una sorta di abbreviazione della famosa frase “We’re all in this together” (“Siamo tutti sulla stessa barca”) proprio perché durante la pandemia “abbiamo tutti avuto qualcosa in comune”.
«Puoi creare l’equivalente simbolico di quella frase semplicemente usando la parola “insieme” e quindi facendo apparire quelle lettere come se fossero tutte diverse, ma tutte correlate».
«Se esiste una coscienza collettiva, se ci rendiamo conto che siamo tutti imparentati e abbiamo bisogno l’uno dell’altro, questa, sarebbe la cosa migliore che potrebbe accadere».